Non basterà un intero inverno piovoso, per la grande sete di questa terra, che grazie a Bardi &co. ha perso anche il treno dei fondi Europei per le infrastrutture idriche
Le piogge di questi giorni non sazieranno la grande sete della Basilicata.
Nemmeno se pioverà tutto l’inverno prossimo, in barba alla crisi climatica che viviamo, questa grande sete della terra e degli uomini di questa Regione avrà fine.
È bene che le famiglie, le imprese e gli agricoltori lucani lo sappiano.
Perché questa crisi idrica, oltre che climatica, in Basilicata è soprattutto infrastrutturale.
Dove si “producono” 650 miliardi di litri di acqua sorgiva ogni anno, dove sgorga il 30% dell’acqua minerale italiana e dove si possono accumulare negli invasi circa un miliardo di metri cubi, l’acqua non può essere razionata come è stata l’anno scorso e soprattutto quest’anno solare.
Né quella da bere, come è successo per il Camastra e a Potenza città, né per l’irrigazione dei campi agricoli della Basilicata, Metapontino in primis.
In una terra abitata da meno di 500 mila persone, dove il comparto agricolo è non solo primario, ma è ancora quello che, nonostante le sue difficoltà, fa più economia e occupazione di ogni altro settore, soffriamo la crisi idrica quasi peggio dell’area saudita in Medio Oriente.
Non si può.
Non è politicamente accettabile e nemmeno comprensibile.
E se si smantella l’agricoltura delle piccole e medie aziende messe in ginocchio da questo concedere acqua col contagocce in questa epoca di grande siccità, lo spopolamento sarà irreversibile.
Perché se svenderanno ed emigreranno chi ha per antonomasia proprie radici sul territorio, chi mai la riabiterà la Basilicata?
Le scorie? I petrolieri? I latifondisti? Le multinazionali del fotovoltaico?
Strutture che realizzano economie di vertice e disoccupazione o inoccupazione diffuse.
E questo avviene in Basilicata nell’era dei fondi del Pnrr che, però, anziché destinarli alle infrastrutture importanti, sono state spese in rivoli vari per i 131 comuni lucani.
I quali hanno ottenuto fondi del Pnrr, perché di colpo hanno scoperto rischi idrogeologici dappertutto, per opere che avrebbero dovuto essere realizzate con i fondi del bilancio ordinario.
Grazie a emendamenti alle norme di assegnazione del Pnrr del fu ministro Cdx Fitto.
Bardi ha avuto per la Basilicata 1,1 miliardi di euro di fondi Pnrr, come fondi a gestione diretta regionale.
E in più, dal governo, sono stati destinate opere da realizzare in Basilicata, a gestione centrale, per circa un altro miliardo di euro di fondi Pnrr.
Potevano essere rifatte le reti idriche e irrigue che in Basilicata perdono il 65% di ciò che trasportano.
E che stanno trasformando questa terra fertile e piena di acqua, in una specie di deserto idrico ed economico.
Potevano essere finalmente fatte le manutenzioni agli sbarramenti e ai fondali delle dighe lucane, cosa che non si fa da anni, per cui le dighe non arrivano più a contenere 1 miliardo di mc di acqua da erogare a campi, famiglie e imprese.
Le acque del Pertusillo sono, inoltre, all’ultimo stadio di potabilità e tutti si guardano bene, nell’area estrattiva di petrolio e di fracking per il gas, di dragare i fondali e di sollevare responsabilità che potrebbero essere anche legate allo sfruttamento fossile dell’area.
Il consumo di acqua in aree di fracking (negli anni ‘90, nell’area di Viggiano si sperimentò il fracking) in media utilizzano oltre 28 volte in più la quantità di acqua consumata fino a 15 anni fa, che era già enorme 15 anni fa.
Inoltre, per ogni pozzo di petrolio realizzato, vengono “ingoiati” fino a 36 milioni di litri (in Basilicata sono stati realizzati in totale ben 477 pozzi tra sterili, esausti e attivi) e per le attività di estrazione e desolforizzazione consumiamo in questa terra più acqua che petrolio estratto.
Un barile estratto costa a noi lucani tantissima acqua.
Ma proprio tanta.
Il problema non è ovviamente imputabile tutto alla giunta Bardi, perché la fatiscenza della rete irrigua o la gestione privatistica di questo bene umanitario e la gestione dei due più grandi invasi lucani con la ripartizione dell’acqua di irrigazione a Ginosa, affidati alla Puglia e non alla Basilicata, sono decisioni prese in epoche antecedenti alla gestione del Cdx.
Ma nessuna delle amministrazioni del Csx, negli anni precedenti, ha però avuto la dimensione di fondi finanziari come quelli del Pnrr toccati a Bardi & Co.
Per cui,
Alla Giunta Bardi e a Cicala, ma anche e soprattutto all’assessore alle infrastrutture Pepe, diciamo che 80 milioni del PNRR non bastano per l’acqua lucana: la Basilicata ha gestito in totale 2,1 miliardi solo nel 2024, evidentemente con priorità decise senza un vero piano organico.
Non solo perdite della rete idrica, ma le dighe come Camastra, Gannano e Monte Cotugno da anni sono a mezzo servizio, per mancata manutenzione.
E se, in linea con i modelli comportamentali del Cdx, anche la giunta Bardi avessero voglia di rivolgersi alla Madonna di Viggiano, per Grazie da ricevere, sappiano in via Anzi, che la Madonna può far piovere, ma se i finanziamenti per incanalare l’acqua piovana il Cdx li fa sparire in rivoli torrentizi, comune per comune, le preghiere alla Madonna non serviranno a nulla.
Il M5S lucano si impegnerà a denunciare gli sperperi e le inadempienze fin quando non vedrà opere infrastrutturali importanti e necessarie ai territori della Basilicata finanziate da Bardi&Co, amministratori lucani mai così ricchi di fondi pubblici da gestire.
On. Arnaldo Lomuti
coordinatore regionale M5S Basilicata
Camera dei Deputati
Roma
