
A quattro anni di distanza dal precedente, Legambiente ha pubblicato il Report Cave 2025, che evidenzia un quadro eterogeneo nel settore estrattivo italiano. Nonostante il calo delle cave autorizzate (-20,7% rispetto al 2021, scese a 3.378), l'Italia registra un aumento dei prelievi di sabbia e ghiaia: 34,6 milioni di metri cubi annuali, un +18,5% rispetto al 2021.
Di fronte a questa situazione, l'associazione ambientalista individua tre priorità per rilanciare il settore in chiave di sostenibilità e innovazione:
1. Aumentare il Recupero e Riciclo: Trasformare i materiali da demolizione e costruzione in alternative agli aggregati tradizionali. Questo richiede l'introduzione della demolizione selettiva nelle gare pubbliche, la garanzia di tracciabilità, e investimenti nella formazione degli operatori.
2. Introdurre un Canone Minimo Nazionale: Fissare un canone per i materiali estratti pari ad almeno il 20% del valore di mercato. Questo garantirebbe un uso equo delle risorse, finanzierebbe il ripristino ambientale dei siti e incentivarebbe l'uso di materiali riciclati.
3. Rafforzare la Tutela dei Territori: Rendere obbligatoria l'approvazione e l'aggiornamento dei Piani per le Attività Estrattive (PRAE), regolamentando i prelievi, l'uso di riciclati, e garantendo i controlli contro le infiltrazioni criminali.
La Basilicata emerge come un caso particolarmente critico. Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata, sottolinea che il settore è ancora regolato da un Regio Decreto del 1927, un approccio datato che trascura gli impatti ambientali (polveri, risorsa idrica, rumore, paesaggio).
* Assenza del Piano Cave (PRAE): La Basilicata, insieme ad altre sette tra regioni e province autonome, non ha un Piano Cave approvato. Questa assenza di pianificazione lascia il potere decisionale in mano a chi concede le autorizzazioni, aumentando l'allarme per gli interessi economici e le infiltrazioni della criminalità organizzata.
* Canoni Inesistenti: La Basilicata è l'unica Regione italiana (con la Sardegna) a consentire il prelievo di qualsiasi tipo di roccia senza incassare un centesimo. A livello nazionale, gli introiti da canoni sono irrisori: circa 19,4 milioni di euro, a fronte di quasi 350 milioni di euro ricavati dalla vendita di sabbia e ghiaia.
* L'applicazione di un canone del 20% porterebbe in Basilicata 368mila euro ogni anno solo per sabbia e ghiaia, fondi cruciali per il ripristino ambientale.
Attualmente, in Basilicata si contano 53 cave autorizzate (circa 40 attive) e 181 dismesse o abbandonate. Permane il problema del mancato censimento e riqualificazione delle aree chiuse prima della normativa regionale del 1979. Inoltre, l'assenza del PRAE comporta la mancanza di divieti espliciti di attività estrattiva in aree sensibili come Parchi o Siti Natura 2000, e le sanzioni per l'abusivismo sono considerate incredibilmente basse.
Lanorte conclude citando un recente caso che avrebbe coinvolto imprenditori e funzionari regionali in un "sistema" finalizzato a eludere le onerose attività di ripristino ambientale, confermando l'urgenza di una normativa più stringente e di maggiori controlli.
La Redazione
