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LOCANDINA.jpgTU SEI UN DONO. UN REGALO. “C’E’ UN REGALO PER TE”

Abbiamo voluto intitolare così questo dialogo con gli amici Daniele e Dario. Per due motivi principalmente : uno meno serio e l’altro più serio.
Tutti vorremmo ricevere un qualche regalo per Natale. Soprattutto i bambini, aspettano il Natale per ricevere i regali. Ed è una cosa bella. Anche il dono più banale diventa bello se fatto a Natale. E siamo contenti di averlo ricevuto soprattutto se viene da una persona cara, a cui teniamo e siamo affettivamente trasportati.
Pensare che tutta la vita sia così. Forse è questa la rivoluzione. Pensare che realmente tutta la vita può essere vissuta come un regalo ci metterebbe in piedi anche nelle prove più difficili. Saremmo sempre contenti. Impariamo a dire grazie. Impareremmo a dire grazie. Una parola che spesso usiamo ma quando viene dal cuore ci commuoviamo quasi a dirla. Ad una persona precisa. Con una faccia precisa. Questa è l’esperienza umana che tutti facciamo. I bambini soprattutto.

Ma se riflettiamo ancora un poco sulla dinamica dell’esperienza ci accorgiamo di due sfumature diverse tra i bambini e gli adulti. Potremmo dire tra i bambini e gli educatori. Tra i bambini e i genitori. Tra i bambini e gli insegnanti.
L’esperienza dei bambini è attenta al regalo o ai regali in sé. Spesso anche alla quantità e alla qualità. Voglio dire che i bambini non tanto si interessano a chi ha dato quel dono. (qui se guardiamo all’etimologia della parola latino del verbo dare e del sostantivo dono vediamo che non solo è la stessa radice ma proprio la stessa parola. Datum non è altro che il participio passato del verbo do – dare - participio passato appunto , noi “subiamo”, riceviamo il dare, cioè riceviamo senza fare niente, senza i nostri meriti in altre parole. ) per i bambini insomma è importante il regalo, non solo e non tanto chi lo da. Si sorprendono del regalo stesso e del fatto che hanno una cosa in più. E’ un di più. Senza che loro, a volte, lo abbiano chiesto. O anche se non è quello che hanno chiesto sono contenti. E’ non è appena ingenuità, anzi, i bambini sono sin da subito furbacchioni e cattivelli, ma sorpresa di un qualcosa in più senza fare nulla. Senza che se lo sono guadagnati. La cultura del merito è brutta. Cominciano a impararla nella scuola , ed è brutta. Alimenta quella cultura individualista e profondamente “razzista” e discriminatoria.

I grandi, invece, sono più attenti, siamo più attenti alla persona che ce lo fa. Il regalo lo riteniamo “scontato”, ma la persona che lo fa ci sorprende.
Allora dai bambini dobbiamo imparare la sorpresa, il fatto che un qualcosa c’è senza meritarcelo, da adulti dobbiamo sempre più sorprenderci del fatto che c’è qualcuno che ha pensato noi. Indipendentemente da quello che ci da. Ma per lui ci siamo.
Immaginate vivere così, con questi due atteggiamenti insieme . affronteremmo tutto diversamente.

Ed è vero anche l’inverso. Se qualcuno è contento per il regalo che facciamo, lo siamo anche noi. E’ una piccola/grande esperienza di realizzazione quella del dare. Del donare. E’ questo è vero a tutti i livelli e in tutti i campi. E’ una legge comune. Spesso viene sporcata, sfregiata, infangata, snaturata per la mentalità dominante profondamente individualista ed egoista che si intrufola e penetra dando fiato al diavolo dello scetticismo, della cautela, il dare per ottenere e tutto quello che normalmente vediamo e di cui spesso siamo attori.

Proviamo a pensare che tutta la vita è cosi. Sarebbe bello. E’ possibile?
Noi la vita, proprio concretamente, se solo per un attimo con la giusta consapevolezza ci riflettiamo su, non ce la siamo dati da soli. Proprio non abbiamo fatto niente. Hanno fatto tutto loro. I nostri genitori e quelli intorno a loro (medici, ostetrica, infermiera….). c’è una persona che ci ha fatto il regalo. E ce lo da o personalmente o tramite qualcun altro. Tramite dei segni chiari.
E’ un dato da riconoscere . un dato di fatto, direbbero gli scienziati.

Allora dialoghiamo con Daniele e con Dario proprio su questo. Due punti di vista: quello di Daniele più poetico, quello di Dario più scientifico. Due punti di vista per leggere meglio e interpretare meglio la realtà dei fatti.
Queste le questioni che vorremmo porre sul tavolo:
Cosa ci dici, Daniele, anche guardando i tuoi libri e due in particolare (la casa degli sguardi e tutto chiede salvezza), della tua esperienza di bene ricevuto e che hai visto dare. Anche nelle situazioni più estreme, quelle della malattia, quella del dolore tua e dei bambini?
Cosa ci dici Dario della tua esperienza professionale e umana? Hai fatto esperienza di questo regalo? E la scienza, a tal proposito, cosa ci dice e ci propone?

Se caliamo tale questione ad oggi nel pieno della pandemia e della crisi che ne consegue, dove, se possibile, prendere la forza e poter affermare che anche questo è un regalo? lo è realmente? come stanno le cose?

Guardando ai nostri figli: è possibile realizzare una scuola o comunque uno spazio educativo davvero inclusivo? Che vuol dire inclusivo? E’ opportuno? Come si fa?