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CULTURA E’ CARITA’
Saluto inziale

Benvenuti nell’Arcidiocesi di Matera – Irsina! Benvenuti nella Lucania!
Come vescovo ospitante vi accolgo con gioia e con affetto. La nostra Chiesa è orgogliosa di poter ospitare il 41° Convegno Nazionale delle Caritas Diocesane ed aver contribuito ad organizzarlo insieme alle Chiese sorelle della Basilicata. Sono certo che il senso del “vicinato” che ha fatto crescere in umanità e solidarietà la nostra gente contagerà ognuno di voi e tutti ci sentiremo una sola famiglia.
Oltre a salutare ognuno di voi uno per uno, saluto S. E. Mons. Corrado Pizziolo e gli altri confratelli nell’episcopato, tutti i relatori, i confratelli sacerdoti, i diaconi, le religiose e i religiosi.
Nell’anno in cui Matera vive lo straordinario riconoscimento di Capitale Europea della Cultura, ci ritroviamo insieme a riflettere sul tema: Carità è cultura.
La carità è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa. Benedetto XVI dice nella Caritas in veritate: “Essa dà vera sostanza alla relazione personale con Dio e con il prossimo; è il principio non solo delle micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici. Per la Chiesa — ammaestrata dal Vangelo — la carità è tutto perché, come insegna san Giovanni (cfr 1 Gv 4,8.16) e come ho ricordato nella mia prima Lettera enciclica, « Dio è carità » (Deus caritas est): dalla carità di Dio tutto proviene, per essa tutto prende forma, ad essa tutto tende. La carità è il dono più grande che Dio abbia dato agli uomini, è sua promessa e nostra speranza”.
Non possiamo scindere il binomio carità e cultura. Per un motivo molto semplice: tutto l’umano viene coinvolto. La cultura esprime l’agire dell’uomo nel corso della storia promuovendo relazioni, scambi, movimenti, contribuendo a costruire ponti di umanità e distruggendo muri e steccati dei distinguo. La carità mostra la concretizzazione del progetto di Dio che nel suo Figlio, Gesù, si è fatto carità.
Non è forse S. Paolo che esprime sinteticamente questo connubio tra Carità e Cultura quando dice: «Tutto è vostro, voi siete di Cristo, Cristo poi è di Dio»?
Non possiamo ridurre l’esperienza della carità, per quanto importante, a gesti di solidarietà o di prossimità. Urge la necessità di dare spazio a quella carità che nutre ogni uomo pienamente, soprattutto nella sua ricerca di senso, di promozione, di giustizia, di verità. Per cui possiamo davvero dire che Cultura è Carità perché questo binomio esprime la reciproca appartenenza in una relazione dove l’amore trinitario diventa il motivo per cui noi esistiamo, viviamo e promuoviamo, collaborando con Dio, il bene comune.
Matera, da Scanzano Jonico, lancia una sfida: da vergogna d’Italia è diventata Capitale europea della Cultura. Vi sembrerà strano ma i commissari europei, a parte il fascino unico di una delle città più antiche del mondo (8000 anni di storia), sono rimasti particolarmente colpiti dall’accoglienza delle famiglie dove sono stati ospitati. Non alberghi di lusso e ristoranti a cinque stelle ma calore umano, condivisione, relazione, desiderio di confrontarsi per crescere insieme e dare all’Europa intera un monito: senza un vero umanesimo integrale non ci sarà futuro. La diversità culturale, religiosa, con tradizioni e rispetto reciproco, non possono che essere il seme fondamentale e indispensabile per continuare a far vivere un vecchio continente sempre più aperto alla ricchezza umana che arriva da lontano.
Siamo qui convenuti da tutta Italia perché convinti che la carità continua a generare cultura se sarà capace di sposare e promuovere l’umano.
Dio è Carità, perché Amore. Nel Sinodo Diocesano che stiamo celebrando ci siamo detti che chi ascolta Dio deve avere il coraggio non di parlare di Dio ma da Dio. Questo significa avere parresìa, essere responsabili e partecipi con capacità di discernimento in obbedienza ai gemiti dello Spirito Santo. In questi termini possiamo dire che realmente la Cultura è Carità perché espressione dell’Amore per l’uomo.
La scelta di fare questo Convegno a Scanzano Jonico non è nata sola per esigenza di strutture adeguate per accogliere voi ma anche per dire due cose importanti.
La città di Scanzano è stata chiamata “La Città della Pace per i bambini”. Idea nata da Betty Williams, premio Nobel per la pace 1976. Nella località Terzo Cavone doveva nascere un cimitero atomico europeo. La Williams nella sua lotta dichiarò: “Dove doveva arrivare la morte sorgerà la vita”. Nel Dicembre del 2018 l’attrice Sharon Stone è stata premiata per il suo fondamentale contributo alla realizzazione della “Città della pace per i bambini”. Quando a Roma ha ritirato la medaglia d’oro anche per conto della Williams disse: “È un grandissimo onore per me essere qui. Voi siete dove nessuno vorrebbe trovarsi, fate cose che nessuno avrebbe il coraggio di fare. In un momento in cui ci si dimentica quanto sia importante l’Umanità, voi siete la risposta. Sono al vostro servizio. La Croce rossa è un simbolo di dignità”.
Con la riforma agraria del 1950 nacque Scanzano Jonico, con l’assegnazione delle terre. Un paese senza immagine nato con gente proveniente da 55 paesi e trapiantata a causa di una legge di stato. Infatti Scanzano non era visto come un vero paese bensì come la periferia di una città, diversamente da Policoro che si era sviluppato più velocemente.
Un territorio di gente laboriosa, amante della terra, ricco di umanità, pieno di aziende agricole all’avanguardia nella coltivazione di vari tipi di frutta con l’eccellenza della fragola esportata in tutto il mondo e le albicocche, pesche e susine. Purtroppo stiamo assistendo da qualche anno a questa parte a infiltrazioni mafiose, provenienti anche dalle regioni limitrofe, che con atti intimidatori di ogni genere, cercano di danneggiare l’economia locale e ciò che tende ad essere un Paradiso si tenta di farlo diventare un Inferno.
Cultura è Carità se abbiamo il coraggio di chiamare le cose per nome e desideriamo la liberazione e il bene di un territorio e di un popolo. Come Vescovo di questa Diocesi sento di dire no ad ogni forma di prevaricazione, di ricatto, di destabilizzazione, di estorsioni, della cultura del malaffare mafioso, del caporalato presente il tutto il metapontino. Nello stesso tempo esprimo ancora una volta, anche a nome di tutti i convegnisti, la vicinanza e l’incoraggiamento affinchè nessuno si lasci vincere dalla tentazione di cedere a forme di disoneste richieste che gridano giustizia al cospetto di Dio.
Come riportato nella brochure con il programma, questo Convegno Nazionale delle Caritas diocesane, “rappresenta un momento di confronto fondamentale per dare – o restituire – speranza alle nostre comunità riscoprendo la dimensione “educante”, con un rinnovato investimento nella formazione e sulla cultura. Si delinea così un duplice ma connesso percorso di impegno: da una parte riuscire ad essere sempre più consapevolmente un riferimento sicuro in rapporto ai fenomeni culturali dei nostri giorni, attraverso la capacità di tracciare sentieri di vita illuminati da un nuovo umanesimo cristiano; dall’altra proseguire con convinzione lungo il cammino dei gesti concreti, della prossimità fraterna, della testimonianza della carità in funzione della comunità”.
Il comandamento dell’amore prende forma, nell’agire quotidiano, nel comandamento della comprensione e del dialogo: “Il rispetto e l'amore deve estendersi pure a coloro che pensano od operano diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e persino religiose, poiché con quanta maggiore umanità e amore penetreremo nei loro modi di vedere, tanto più facilmente potremo con loro iniziare un dialogo.
Certamente tale amore e amabilità non devono in alcun modo renderci indifferenti verso la verità e il bene. Anzi è l'amore stesso che spinge i discepoli di Cristo ad annunziare a tutti gli uomini la verità che salva. Ma occorre distinguere tra errore, sempre da rifiutarsi, ed errante, che conserva sempre la dignità di persona, anche quando è macchiato da false o insufficienti nozioni religiose. Solo Dio è giudice e scrutatore dei cuori; perciò ci vieta di giudicare la colpevolezza interiore di chiunque. ( Lc 6,37-38; Mt 7,1-2; Rm 2,1-11; Rm 14,10-12 )” (GS 28). Dice S. Paolo: “Tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio” (1 Cor 3,22-23).
Auguro a tutti i convegnisti buon lavoro e buona permanenza. Sono certo che dalla Basilicata partirà un forte messaggio di speranza per costruire ponti di umanità, per una cultura dell’integrazione che diventa carità nella condivisione, quindi vera ricchezza che promuove il progresso nella solidarietà e sussidiarietà.
Buon lavoro a tutti.