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L’8 Giugno alle Manifatture Knos di Lecce debutta la Compagnia Teatrale Carrozza 3
T(h)ree, viaggio metaforico nel dramma della Xylella
Un vagone dismesso di un qualche treno delle FSE, con i finestrini coperti da fogli di giornale.
A bordo due ragazzi senza memoria. Non sanno perché siano lì, non vogliono saperlo.
È l’incipit di T(h)ree, spettacolo di debutto della giovane Compagnia Teatrale Carrozza 3 in collaborazione con Teatro Dantès - Art Factory, che andrà in scena l’8 Giugno a Lecce alle ore 21:00 presso le Manifatture Knos.

T(h)ree è una storia privata e collettiva, un viaggio surreale e metaforico attraverso le pieghe di due grandi drammi del nostro territorio: la Xylella – con la conseguente perdita del un patrimonio culturale, paesaggistico ed economico che la morte degli ulivi si porta dietro -, e l’emigrazione di intere generazioni di giovani, costretti a chiudere in una valigia speranze e aspettative e portarle verso Nord. Italia o Europa che sia.
All’interno della storia i due temi si intrecciano e si mescolano, seguendo una linea di pensiero (una provocazione) che li rende dipendenti l’uno dall’altro.

Protagonisti dello spettacolo sono Didi e Gogo, due personaggi per certi versi beckettiani (i nomi strizzano l’occhio a Vladimiro ed Estragone di Waiting for Godot).
Sono due ragazzi del Sud, lontani da casa da diversi anni.
Andati via un po’ per scelta un po’ per inerzia, convinti che la propria vita - al Sud, nella propria casa -, non avrebbe avuto sbocchi se non un eterno “girare a vuoto su se stessi”, finendo col mescolarsi fra le tante facce anonime di paese.
Paesaggi da bar insomma, folkloristicamente anacronistici.
Erano andati via per non tornare.
Eppure ora sono lì: due topi in gabbia sulla carrozza vuota di un treno fermo.
Ma scopriranno ben presto di non essere i soli passeggeri a bordo. Dovranno piegarsi alla constatazione che, a volte, non basta coprire i finestrini con dei fogli di giornale per lasciare che la realtà esterna resti chiusa fuori. Che a volte, spesso, aspettare che il tempo faccia il proprio corso può non essere un affare.

Ecco perché il riferimento a Beckett, non tanto stilistico quanto concettuale: Waiting for Godot è la messa in scena, paradigmatica, dell’assurdità insita in certi tipi di attesa. L’attesa della vita, l’attesa di se stessi, l’attesa di qualcuno che venga a indicare una rotta da seguire.
Ma in questi tipi di attesa l’unico approdo possibile è un inutile girare a vuoto, in cui si consumano le suole delle scarpe disegnando cerchi più o meno ampi, per poi ritrovarsi anestetizzati al punto di partenza. Criceti su di una ruota.
E c’è tutto il dramma del Sud in quest’attesa, il dramma di chi demanda ad un altrove una via di salvezza. Di chi chiede al governante di turno le elemosina per tirare avanti un pezzo di vita alla volta.

Come ebbe a dire Carmelo Bene: “la Terra d’Otranto (…) è una terra nomade, gira su se stessa. A vuoto”. Esattamente come i Vladimiro ed Estragone di Waiting for Godot. Esattamente come tante delle vite disperate del Sud. Esattamente come chi, a riguardo della Xylella, avrebbe potuto e dovuto decidere.
Non soltanto aspettare.
A vuoto.

Regia e drammaturgia – Francesco Casaburi
Interpreti – Francesco Casaburi, Angelo Nunzella, Miriam Minerba
Scenografia – Antonio Duma
Aiuto regia – Ginevra Tundo

Sabato 8 Giugno ore 21
Manifatture Knos – via Vecchia Frigole, 36

Atto unico
Durata - 80’ circa
Biglietto - 7 €
Acquisto e prenotazioni - 349 3610654