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Dopo aver letto sulla Nuova Basilicata l’intervista e le dichiarazioni dell’Assessore alla Sanità, dott. Rocco Leone, in merito alla sua visione della Medicina del Territorio e della “Guardia Medica” nell’articolo del 13 febbraio scorso dal titolo “Continuità Assistenziale: paghiamo medici solo per chiamare il 118”, mi sono ricordato di un commento da me scritto dopo la pubblicazione sul BUR del 1 aprile 2008 dell’Accordo integrativo regionale tuttora vigente. Nel pezzo “La Continuità Assistenziale: Medici di Frontiera” evidenziavo l’eccessivo numero di punti di Continuità Assistenziale (C.A.) e il conseguente elevato numero di medici addetti (140 sedi di C.A., 506 medici in servizio con un rapporto di 1 medico di C.A. ogni 1170 cittadini), per una spesa annua di 25 milioni di euro che faceva sorgere la domanda: sono ben spesi?
Dopo 12 anni questa domanda esige una risposta da parte di tutti gli attori in campo (assessore, direttori aziendali, sindacati medici e sindaci), considerando che fin qui per il servizio di continuità assistenziale sono stati spesi complessivamente 300 milioni di euro.
A ben pensare la data di pubblicazione di quell’accordo poteva rappresentare uno dei più riusciti “pesce d’aprile”!
Già allora avanzavo delle perplessità sulle modalità organizzative, strutturali ed economiche del servizio di C. A., dubbi ancora attuali per una serie di problematiche irrisolte ed ancor più aggravate dal mancato avvio di quelle forme organizzative sperimentali già previste dall’AIR e che avrebbero consentito di avviare la riforma dell’intero settore. Si è tentato negli anni di realizzarle ma esse non hanno ricevuto adeguato sostegno da parte delle ASL che pure avevano sottoscritto quell’accordo sotto il segno del pesce d’aprile.
L’Assessore alla Sanità della Regione Basilicata denuncia oggi l’ipertrofia del servizio di Continuità Assistenziale ma la FIMMG, il più rappresentativo sindacato della classe medica, da anni proponeva una diversa organizzazione territoriale che non rifiutava per principio l’ipotesi di un oculato accorpamento di sedi di C.A. Occorre precisare che tale rapporto ottimale dovrebbe essere di 1 medico di C.A. ogni 5000 abitanti (in territori disagevoli non inferiore ad 1 ogni 3500) ma in Basilicata è di 1 medico di C.A. ogni 1170 cittadini, praticamente quasi lo stesso rapporto ottimale della Assistenza Primaria.
Liberare una parte di risorse avrebbe consentito infatti di creare quelle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT), veri centri di integrazione tra medici di Assistenza Primaria e medici di Continuità assistenziale che, funzionando H 24, sarebbero in grado di gestire i cosiddetti codici bianchi riducendo gli accessi impropri ai Pronto Soccorso ed al servizio 118.
Dotando le AFT di diagnostica di primo livello con la presenza di personale infermieristico e di segreteria (favorendo quindi nuovo occupazione) si contribuirebbe a ridurre le liste di attesa restituendo ai medici del territorio, sia di assistenza primaria che di continuità assistenziale, la dignità e il riconoscimento del loro ruolo professionale.

Questo riconoscimento potrà avvenire da parte dei cittadini solo a condizione che siano offerti loro servizi di qualità, non trascurando in primis il decoro e le dotazioni strumentali delle sedi di CA, oggi del tutto insufficienti.
Altrettanto importante dovrà essere l’organizzazione del lavoro con la presenza di figure professionali quali infermiere e segreteria. Le qualità professionali degli operatori dovranno essere particolarmente curate per assicurare accoglienza dei bisogni assistenziali, capacità di ascolto, accuratezza della visita, comunicazione efficace del sospetto diagnostico e pianificazione condivisa delle cure.
È dalla percezione di una mancata presa in carico o da una sottovalutazione dei problemi di salute che derivano gli episodi di aggressione a danno soprattutto dei medici di continuità assistenziale che si sentono abbandonati in sedi spesso inidonee e insicure.
Mi auguro che dopo i giudizi negativi espressi dal Dott. Leone nei confronti dei suoi colleghi di Continuità Assistenziale si possa aprire un tavolo negoziale con i rappresentanti sindacali per discutere di una nuova organizzazione territoriale e riscrivere dopo dodici anni un Accordo Integrativo Regionale (AIR) che tenga conto delle sfide che ci attendono nei prossimi anni: il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento delle malattie croniche, l’insorgenza di nuove patologie, i costi crescenti delle terapie innovative con la necessità di riservare i ricoveri ospedalieri alle sole patologie acute, la realizzazione di quelle novità legislative a carattere nazionale che non sono state ancora attuate.
La FIMMG è pronta a raccogliere questa sfida per giungere a riscrivere, dopo un serio confronto il nuovo Accordo Integrativo Regionale della Medicina Generale.
Vorremmo solo, per scaramanzia, che non venga pubblicato il primo di aprile!

Dott. Michele Campanaro
Segretario provinciale FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale)
Provincia di Matera